venerdì 21 dicembre 2012

Piccola recensione per IL RICORDO CHE NON AVEVO di Alberto Maria Melis

Ieri in libreria mi sono intrufolata nel reparto ‘ragazzi’ e ho comprato questo libro.
Oggi, a distanza di poche ore, è per me impossibile trattenere l’entusiasmo per ciò che ho letto.




Alberto Melis scrive con tale poesia e suggestione che diventa impossibile staccare gli occhi dalle pagine. Il romanzo parla di ‘’una storia dimenticata dalla Storia’’, è il PORRAJMOS spiegato ai bambini. E i bambini, di fronte a questo argomento, siamo tutti noi, al di là delle età anagrafiche. Quello che nelle scuole si insegna, quello che si dice su questo argomento è poco (se non addirittura NULLO nella maggior parte dei programmi scolastici) e nel libro veniamo presi per mano e guidati verso la riscoperta della Nostra Storia, -la Storia di tutti noi-, scoprendo mano a mano atrocità che raramente ci vengono insegnate.

Il Porrajmos, che nella nostra lingua significa ‘’grande divoramento’’ è l’equivalente della Shoah per il popolo Ebreo: è lo sterminio, durante la Seconda Guerra (più precisamente tra il 1934 e il 1945), di circa 500mila uomini e donne e bambini appartenenti al popolo Rom.
A tutt’oggi in Italia le popolaioni Rom e Sinte non hanno ancora ricevuto alcun riconoscimento ufficiale delle persecuzioni subite.

(...) Ma non c’erano solo ebrei a Litmannstadt.
Angela continuava a fissarmi, senza capire dove volessi andare a parare.
Consultai ancora gli appunti
-Nell’autunno del 1941 a Litmannstadt arrivarono cinquemila rom. Erano stati fatti prigionieri dai nazisti e deportati a bordo di lunghissimi treni.
-Ma maestra Carola non ci ha mai detto che anche i rom vennero perseguitati dai nazisti- sussurrò Angela.
-Già- ammisi. - Eppure su Wikipedia c’è scritto che anche gli zingari venivano considerati da Adolf Hitler una ‘’razza inferiore’’, e perciò da eliminare. E che pochissimi, fra i rom deportati a Litzmannstadt, sopravvissero. A metà gennaio del 1942, la maggior parte di loro era già stata uccisa. (...)

Il libro si avvale, in copertina, dell’apprezzamento di Moni Ovadia, che lo definisce ‘’un libro coraggioso, dove l’amicizia e il desiderio di conoscenza dissipano l’indifferenza e il pregiudizio nei confronti dei Rom’’.
Io l’ho trovato toccante, delizioso da leggere e uno spunto continuo di riflessione.
E per questo Natale non mi sento di consigliarvi altro regalo se non questo libro, per cui fiondatevi nel reparto ‘bambini/ragazzi’ e regalatevi (e regalate) una buona lettura.
Prezzo onestissimo, otto euri e cinquanta. Edito da Oscar Mondadori Junior.
….e buone feste, all’insegna della conoscenza!

domenica 2 dicembre 2012

I ROM E I SINTI IN ITALIA

Quanto segue fa parte della relazione finale al progetto finanziato dall'UE 'Transition Project - percorsi di cambiamento abitativo di Rom e Sinti' svolto contemporaneamente da tre paesi: Italia, Romania e Grecia, nel corso del 2011. 
Avendo partecipato attivamente come volontaria al progetto, con la cooperativa bolognese La Rupe, mi è stata affidata anche l'introduzione storica del progetto. Buona lettura! 


Per comprendere la dimensione e l'ampiezza geografica del popolo Rom è sufficiente sapere che in tutte le lingue europee vi sono uno o più termini che corrispondono all'italiano 'zingaro': cìgani; gitanos; gypsies; tsiganes; ecc., dall'Italia alla Romania, alla Spagna, Francia e Paesi Anglofoni. 




Il popolo Rom, composto da comunità molto diverse tra loro da paese a paese, è stimato in numero di otto-dieci milioni di abitanti in Europa; tenendo conto del fatto che dichiararsi Rom nella maggior parte dei paesi non è facile, il numero della stima è approssimativo e difficile da stabilire.

I paesi europei in cui questa popolazione è più consistente si trovano nella parte Est, Slava: in Romania circa l'8% della popolazione del paese è Rom (1 milione e 800 mila persone); in Bulgaria la percentuale è pressoché uguale, si passa poi al 5% dell'Ungheria e al 4% di Serbia, Montenegro e Kosovo. 
E' subito visibile una concentrazione di questi popoli nei paesi più poveri d'Europa: la zona dei Balcani.
Una presenza cospicua si trova poi tra Irlanda, Francia e Spagna (in particolare la regione Andalusa), mentre soltanto lo 0,10% si trova tra la Germania e l'Italia.
Forse è proprio a causa di questa percentuale, così inferiore rispetto ad altri paesi, che l'Italia convive con il cosiddetto 'problema degli zingari', che vengono percepiti come sparuti gruppi di popoli estranei, da gestire come popolo differente, numericamente esiguo ma pericoloso, da tenere lontano rispetto alla restante numerosissima massa 'gagè' (non Rom) della popolazione.

In Italia è molto forte l'immagine errata del Rom inteso come persona nomade e per questo considerato un individuo di passaggio. 
Il campo nomadi (o AREA SOSTA) è percepito come una sistemazione temporanea e l'ignoranza che si vuole conservare sull'argomento permette di sapere solo a poche persone che più dell''80% della popolazione Rom europea è sedentaria da diversi secoli.

In particolare, in Italia si parla di ROM E SINTI.
Questi ultimi sono i cosiddetti 'zingari italiani', provenienti dalle regioni tedescofone, dalla Prussia all'Austria, hanno poi conosciuto periodi di flussi migratori verso Italia e Francia. L'Italia del Nord conta la maggiore presenza di Sinti in Europa, e in queste zone hanno origine i cosiddetti 'sinti piemontesi' e 'sinti lombardi'.
La lingua da loro parlata è detta Sinto ed è un incrocio di lombardo, emiliano e veneto (un vero e proprio ''nuovo dialetto italiano'') e Romanes. 


L'origine del popolo Rom è controversa.
Sono state individuate varie analogie tra il Romanes (la lingua, appunto, dei Rom), e il Sanscrito del X secolo: alcuni dunque, individuano l'India come loro patria, forse una casta di Intoccabili che ha migrato verso l'Europa; per altri si tratta di una popolazione con ceppo indoeuropeo stanziato tra il I e II millennio A.C. nell'Asia centrale e sugli altopiani Afghani. Da qui forse poi uno spostamento verso l'India del Nord fino al momento (circa l'anno 1000) dell'invasione araba, il periodo in cui inizia il loro esodo, e la loro fama di popolo nomade.

In Italia la presenza di Rom è costituita da Sinti, che esercitavano il mestiere di giostrai e allevatori di cavalli, provenienti dal centro Europa e giunti in Italia intorno al 1400; i Rom Harvati (Croati), giunti nella penisola dopo la Seconda Guerra Mondiale; i Rom Khorakhané, letteralmente i ''portatori del Corano'', provenienti da Albania, Macedonia e Kosovo, arrivati in Italia negli anni 60, in seguito alla crisi economica e poi negli anni 90, a causa della guerra che sconvolse l'ex Yugoslavia;
i Rom Abruzzesi che occupano quella regione dalla fine del 1300; i Rom Lovara, principalmente provenienti dall'Ungheria e i Rom Romeni, di cui ultimamente si registra una presenza forte.
I Rom sono dunque anche in Italia una realtà molto eterogenea, e solitamente l'errore sta nel fare di questa diversità di popoli un unico immenso gruppo, i 'nomadi'.
L'operazione compiuta non considera quindi le diversità tra i gruppi considerati ma li assimila in un'unica categoria.

Dalla metà degli anni 80, i Comuni e le Regioni aprono e riconoscono delle aree di sosta per roulotte (le cosiddette kampine) : è il momento dell'INVENZIONE AMMINISTRATIVA DEL 'CAMPO NOMADI'.
Dunque, tutti questi differenti gruppi, con differenti culture, diversa lingua, stile di vita, competenza professionale, religione, eccetera, si trovano a dover vivere tutti insieme nello stesso posto, tutti i gruppi vengono nominati con una sola parola e trattati tutti allo stesso modo.

Questa categoria di 'nomadi' è nata facendo riferimento ad un presunto comportamento, il nomadismo: è una visione puramente figurativa del gagè (non Rom), che inventa una popolazione unica per un unico stile abitativo.
Si hanno così degli effetti di auto segregazione, come per i Rom del Sud Italia, praticamente invisibili, e una sedentarizzazione forzata per i gruppi Rom e Sinti del Centro-Nord. 
Negli anni, le successive migrazioni di Rom creano nuove tensioni. 
In particolare l'ondata migratoria proveniente dalla Romania, iniziata a sprazzi dal 2000, facilitata poi dall'entrata del paese nell'Unione Europea, ha visto lo spostamento di persone che scappavano da una realtà durissima e da vere e proprie persecuzioni xenofobe.

La presenza dei Rom Romeni in Italia supera oramai quella di tutti gli altri gruppi e rompe così una sorta di equilibrio di gioco delle parti tra istituzioni e popolazione Rom: si è passati da timide politiche di regolarizzazione della presenza Rom sul territorio italiano e di intervento solo nel caso in cui la protesta dei cittadini diventava evidente ad una nuova politica di sgomberi, allontanamenti, occupazioni abusive. Il clima è molto teso e in molte regioni la politica vincente sembra sia quella repressiva.

Il risultato sono campagne elettorali vergognose, 


e il delinquente che fa sempre più notizia rispetto all'onesto.

I Rom sono diventati così maestri nel campo dell'arrangiarsi: lavoretti precari per gli uomini come la raccolta del ferro, le borse lavoro, eccetera e la questua per le donne e i bambini.
Purtroppo aumentano i soggetti dediti a occupazioni al limite del legale o addirittura illegali come la prostituzione, lo spaccio di droghe all'interno e fuori dai campi, eccetera.

Non giova sicuramente anche il fatto che i lavori tradizionali che caratterizzavano queste popolazioni sono ormai estinti: l'allevamento di cavalli, gli spettacoli circensi, le giostre per i bambini, la lavorazione dei metalli in modo artigianale.
In questo modo è venuta a crearsi una stratificazione sociale anche tra i Rom e il campo nomadi è diventato un vero e proprio ghetto, a fronte del nostro rifiuto di confronto e della nostra politica di non accoglienza.

Ma quali sono realmente le differenze tra 'noi' e 'loro'? Una delle risposte possibili sta nella differente concezione del tempo e dello spazio. Per esempio, il passato per un Rom non ha particolare importanza, è solo sentito come una tradizione da rinnovare; il presente è tempo reale e significante da sfruttare al momento. Il futuro invece, e forse è proprio questa la differenza maggiore, non ha importanza in termini di progettualità, poiché è un destino già segnato dalla nascita. Se non vi è progettualità allora si vive alla giornata, e questo modo di essere è decisamente incompatibile con il pensiero occidentale che vira tutto verso il futuro e lo progetta continuamente.

La legislatura:

Per quanto riguarda la legislatura e l'inquadramento giuridico, la situazione in Italia è abbastanza complessa e tale complessità è dovuta, come già spiegato, dalla vasta gamma di persone che compongono la comunità Rom che vive nel nostro paese: vi sono molti Rom e Sinti che sono cittadini italiani, ci sono poi cittadini dell'Unione Europea - specialmente l'ultima ondata proveniente dalla Romania -, vi sono gli extracomunitari, gli apolidi (con doppia cittadinanza) e persino qualche rifugiato.

Ne consegue che il trattamento giuridico di queste persone non può essere lo stesso per tutti i casi.
Probabilmente è stata la mancanza di un'adeguata riflessione culturale e giuridica, in particolare tra gli studiosi dei diritti delle minoranze, che ha portato a politiche pubbliche carenti nei confronti di tale popolazione: spesso queste politiche sono anche discriminatorie.
Un esempio: nella prassi amministrativa è diffuso il termine "nomadi", questo rischia di far considerare come nomadi persone che sono stabilmente residenti su un territorio, magari dalla nascita. 
Questo termine ricorre in numerosi provvedimenti ed etichetta in modo errato un'intera categoria di persone, anche sotto il profilo giuridico.

Il nomadismo sembra discendere, piuttosto che da una tradizione culturale o da una scelta di vita, dalle condizioni di esclusione e di abbandono sofferte da molti Rom, e dai loro nuclei familiari, soprattutto quelli giunti di recente dai paesi orientali che adesso fanno parte dell'Unione Europea, come la Bulgaria e la Romania; sta di fatto che attualmente i Rom non più nomadi, quindi sedentari, ammontano all'80% della comunità, che non può più quindi definirsi nomade. I motivi sono svariati, prendiamo in esempio il caso dei Sinti, per lo più esercitanti il mestiere di giostrai, i quali in materia di libertà di circolazione non hanno praticamente più alcun diritto, e i cui circhi montati nelle piazze o nei parcheggi vengono immediatamente segnalati come abusivi e fatti smontare.

Più complessa ancora è la situazione dei Rom stranieri in quanto la loro condizione giuridica, senza il requisito della cittadinanza, appare indefinita, lasciando ampio spazio alla discrezionalità amministrativa, con il rischio di infrangere i diritti base della persona. 
Per Rom "stranieri" intendiamo persone appartenenti all'etnia Rom prive della cittadinanza italiana, provenienti da altri stati dell'Unione Europea, bulgari e rumeni, o non appartenenti ad alcun paese comunitario, come serbi, montenegrini e bosniaci. I Sinti sono invece giuridicamente persone Rom che godono da tempo (secoli) della cittadinanza italiana.

La funzione del Diritto è quella di organizzare al meglio l'esistenza di persone diverse in uno stesso territorio, per cui tale organizzazione varia da Stato a Stato.
In un paese come l'Italia, la forma di Stato è autoritaria e l'organizzazione giuridica dei rapporti tra le persone fa cedere tale diversità di fronte all'unità Nazionale.
Contrariamente, in una forma di Stato di tipo democratico e sociale, il diritto mette al centro la persona e le sue peculiarità.
Giuridicamente, chi sono Rom e Sinti? Sono persone che hanno diritti e doveri come ogni altra persona e che appartengono ad una minoranza etnico-linguistica il cui processo di riconoscimento è partito solo quest'anno (2012).

Da poco è stato festeggiato il 150esimo anno dell'Unità d'Italia: vanno ricordati assieme al popolo italiano migliaia di Rom e Sinti che oramai ne fanno parte.
I loro antenati vennero discriminati dal regime fascista proprio come i nostri e la più terribile delle persecuzioni venne fatta anche verso di loro. Tutti conosciamo la parola Shoah, che descrive lo sterminio del popolo ebraico, mentre non tutti sanno del Porrajmos, letteralmente ''divoramento'', ovvero lo sterminio del popolo Rom durante lo stesso periodo storico e sulla base delle medesime leggi razziali.

E' vergognoso che persino ''La Giornata della Memoria'' , istituita ogni anno il 27 gennaio per ricordare le persecuzioni e gli stermini del periodo della Seconda Guerra Mondiale, non menzioni minimamente il Porrajmos. L'olocausto Rom tra il '40 e il '45 fece oltre 500'000 vittime. Furono perseguitati, imprigionati, seviziati, sterilizzati, utilizzati per esperimenti medici, introdotti nelle camere a gas dei campi di sterminio, perché secondo l´ideologia nazista ''razza inferiore" e indegna di esistere. 
Gli ''zingari' erano geneticamente ladri, truffatori, nomadi: la causa della loro pericolosità era nel loro sangue, che precede sempre i comportamenti.

Le vittime di tale massacro sono state ricordate in Camera Dei Deputati soltanto nel dicembre 2009.
Tornando alla situazione giuridica, si sa che storicamente, nei paesi ricchi come in quelli più poveri, la crisi economica ed il senso di frustrazione tra i ceti deboli, soprattutto nelle grandi periferie urbane, hanno fatto scattare la logica del "capro espiatorio" e, malgrado i diversi appelli delle istituzioni comunitarie per considerare i Rom come una minoranza, si sono moltiplicati gli episodi di esclusione violenta nei loro confronti. 

In particolare in Italia è larga la tendenza alle espulsioni forzate e agli sgomberi, spesso effettuati con l'uso di violenza, proprio quegli sgomberi che recentemente il Parlamento Europeo ha condannato, invitando gli Stati a praticare politiche di inclusione, di integrazione e di coesione.

Nel 2010 da parte della Commissione Europea, si annunciava l'apertura di una procedura di infrazione nei confronti della Francia per le operazioni di sgombero e di rimpatrio messe in atto dal paese. 
Da questo punto di vista, è bene ricordare, la condizione dei Rom in Francia è profondamente diversa da quella dei Rom italiani perché in Francia si sono comunque realizzate importanti attività di integrazione e la maggior parte dei Rom francesi sono cittadini di quel paese, mentre la legge italiana sulla cittadinanza, la più arretrata in Europa, ha contribuito alla diffusione di una pericolosa condizione di apolidia che è oltretutto solo "di fatto".

Il problema maggiore è infatti la mancanza di documenti, che fa delle persone Rom di fatto dei prigionieri in un carcere all'aperto, in quanto privi del diritto alla circolazione. 
Questa mancanza non da loro il diritto di accedere a strutture sanitarie, al mondo del lavoro, e non da loro diritti che per noi sono scontati.

Rom e Sinti costituiscono una minoranza etnico-linguistica, ma non sono trattati come tale.

Hanno una determinata lingua, il Romanes, anche se con varie sfumature, una lunga storia comune, una cultura, arte e musica. Si tratta di una minoranza volontaria, i cui membri aspirano cioè a mantenere tali peculiarità e aspirano quindi a determinate garanzie giuridiche che assicurino loro il rispetto di tali caratteristiche da parte della maggioranza. 
La protezione delle diversità arricchisce il principio di uguaglianza. 
Anche se la parità e la tutela della persona viene davanti a tutto, considerando tale persona con un principio di parità assoluta rispetto alla maggioranza.
Per quanto riguarda l'istruzione, la scolarizzazione delle persone Rom è ancora piuttosto bassa e la maggior parte degli adulti non è in grado di leggere né scrivere.
Si sta notando però una lenta ma graduale voglia nei giovani di portare avanti gli studi almeno fino alla conclusione delle medie.

Spesso ci si trova di fronte alla solitudine della scuola nell'affrontare a mani nude tutti i nodi e i problemi che il difficile processo dell’integrazione comporta.
Ci si misura con una scuola dalle poche risorse, sia umane che economiche; con la miopia delle istituzioni nell’incapacità/diffidenza di avviare reali politiche per migliorare la prospettiva del futuro rispetto all’integrazione.

La frequenza scolastica per un ragazzino Rom è determinata da vari fattori. 
Il razzismo è un vergognoso ostacolo col quale spesso devono confrontarsi e nella scuola purtroppo la situazione è simile all'esterno. Vi è anche il fattore della famiglia, per cui il ragazzo a volte è utile in casa e la scuola in quel caso è vissuta come una perdita di tempo utile. Altro fattore importante è l'interazione culturale tra insegnante e ragazzo, in cui la fiducia dovrebbe essere la base del dialogo, purtroppo spesso l'insegnante rimane pur sempre un gagè, un'istituzione dalla quale guardarsi e a cui non dare troppe confidenze.

Viviamo in un paese multiculturale ed è necessario formare insegnanti in grado di sapersi confrontare con le diverse culture che si trovano davanti, e l'insegnamento deve avvenire attraverso una relazione educativa fondata sul riconoscimento dell’altro e sulla mediazione culturale di contenuti e metodologie, in modo che attraverso la scuola questi bambini possano divenire davvero cittadini attivi di questo Stato.

Grande successo ha avuto il progetto di Vania Mancini, le Chejà Celen, in Romanes letteralmente ''ragazze che ballano'', svolto insieme all'Arci Solidarietà Lazio in collaborazione con il Dipartimento alle Poltiche Educative del Comune di Roma. Tale progetto è iniziato nel 2008 ed è stato pensato per la scolarizzazione dei minori Rom, aumentando il numero dei bambini accompagnati a scuola, la loro frequenza e la qualità di apprendimento. 
Per indurre le ragazze a frequentare la scuola Vania Mancini ha utilizzato la loro musica ed il loro ballo. 
Partendo dal campo Rom di Cesare Lombroso a Monte Mario fino alle scuole, fino ad un progetto di ballo che ha fatto vivere la loro diversità non più come un handicap, una vergogna, ma come una risorsa, disponendo di una competenza peculiare da insegnare anche alle ragazze italiane, che durante il progetto hanno partecipato in massa durante gli stage nelle scuole. 
In un rapporto di parità finalmente anche le ragazze Rom hanno potuto insegnare qualcosa agli altri, i movimenti dei loro balli, essendo anch'esse detentrici di una grande tradizione e cultura. 
Nel progetto sono state coinvolte anche le madri Rom del campo, che per le occasioni degli spettacoli (che sono stati tanti), hanno confezionato per le figlie i costumi di scena. 
Le ragazze hanno così aumentato la loro presenza a scuola e hanno potuto fondere i loro saperi con le altre ragazze dell'istituto, realizzando contemporaneamente un progetto artistico che le ha portate in giro per tutta Italia.




Purtroppo si tratta di un caso particolare, poiché in altri ambienti, come ad esempio a Torre Del Greco, in provincia di Napoli, la situazione può essere ben diversa. 
Nel 2010 la scuola Giovanni Falcone ha aperto le porte ai bambini Rom e i genitori degli altri alunni hanno protestano, addirittura manifestando nel cortile della scuola e facendo una raccolta di firme per chiedere all'Asl di appurare se i minori fossero in regola con le vigenti normative sanitarie in merito alle vaccinazioni obbligatorie. Motivo della discordia la decisione della dirigente scolastica di consentire a sei bambini ospiti del campo Rom che sorge in prossimità dell'autostrada di frequentare le lezioni.

In un'altra scuola elementare della provincia di Rovigo, sempre nel 2010, si iscrissero solo 19 bambini. Tutti Rom. Gli altri, gli italiani, piano piano si spostarono tutti altrove. I genitori italiani sostennero che i Rom rallentavano l’apprendimento dei loro figli. Questo destò l'indignazione dell'Opera Nomadi che si ribellò proponendo di chiudere la scuola divenuta un ghetto.

Gli insegnanti devono essere formati in modo da avere gli strumenti per affrontare qualsiasi situazione di diversità culturale. Ciò non significa che la scuola debba adottare le modalità pedagogiche Rom e assumersi il compito di formarli. La scuola è uno strumento di acculturazione, che non può fare altro che avvicinare le minoranze alla cultura maggioritaria. L'importante è che non sia strumento di deculturazione.

L'obiettivo è quello di giungere ad un'educazione scolastica che si coniughi con l'educazione familiare in modo da completarla e non contraddirla.
Le cose che si possono fare in questo senso sono, ad esempio, organizzare dei percorsi di conoscenza della cultura attraverso i quali i docenti possano meglio comprendere i loro allievi, i loro comportamenti, le loro aspettative, le loro modalità di interagire con le persone,eccetera.
E' importante anche instaurare un rapporto con le famiglie che comunichi ai bambini una continuità fra il mondo di casa e il mondo della scuola, senza contraddizioni.
Si può poi ricorrere alle modalità di cooperazione tipiche della comunità Rom, facendo ricorso all'aiuto di eventuali fratelli o cugini più grandi presenti nella scuola per instaurare un rapporto di maggiore fiducia verso l'insegnante.


La salute:

Il contesto in cui vivono le persone Rom deve essere preso in grande considerazione nel valutare le cause di malattia.
I Rom che abitano nei campi non vivono in luoghi 'naturali', ma in luoghi imposti, artefatti, situati in zone altamente periferiche con poca possibilità di gestione dello spazio. 
Le localizzazioni assegnate ai campi nomadi sono comuni ovunque (una sorta di urbanistica del disprezzo), da incerte infrastrutture, a paesaggi confine tra città e campagna, a parcheggi vicini a snodi autostradali. 

Le condizioni di salute degli individui di certo dipendono anche da queste imposizioni del luogo in cui vivere. 
Ci sono ampi fattori di rischio a cui questa popolazione è costantemente sottoposta. 
Vi è inoltre una carenza drammatica di dati sulla condizione di salute di Rom e Sinti che vivono nei campi in Italia. D'altronde la relazione fra popolazioni Rom e mondo non Rom è sempre stata caratterizzata da una scarsa conoscenza, dalla quale poi nascono pregiudizi e diffidenze, nel campo della sanità come in qualsiasi altro campo. 

La scarsa conoscenza rispetto alla condizione di salute di Rom e Sinti è frutto di pregiudizi e diffidenze e contribuisce ad alimentarli. I bisogni di salute, i problemi specifici e i rapporti con i servizi sono estremamente vari nei diversi gruppi Rom e Sinti, stranieri e italiani. 

Sarebbero necessarie analisi appropriate che distinguano tra diversi bisogni e problemi per avviare politiche partecipate d’intervento su questo argomento, ma tali informazioni ed analisi non sono disponibili, poiché rappresenterebbero un legame tra condizioni socio-economiche e abitative, marginalità e condizioni di salute.

Vi è invece un’attenzione verso problemi che non costituiscono i reali problemi di salute di Rom e Sinti, per esempio la ''sporcizia'', anche questo un vero e proprio pregiudizio, una mancanza di studi che leghino le patologie più frequenti alle condizioni di vita nei campi, una carenza sui bisogni e le priorità e una mancanza totale di partecipazione di questa popolazione alle ricerche in questo senso.

Un dato certo è che Rom e Sinti in Italia hanno una speranza di vita di 9 anni inferiore alla media nazionale a causa dell’emarginazione a cui sono costretti.
Alcune malattie sono dovute all'alta mobilità di certe famiglie. Questa mobilità, come spiegato prima, difficilmente è dovuta alla pratica del nomadismo, in quanto per lo più estinta. Piuttosto è probabile lo spostamento continuo di famiglie che cercano abitazioni marginali e vanno quindi identificate le responsabilità delle istituzionali nel causare questa alta mobilità alle famiglie ma anche nell'ostacolare l’accesso ai servizi sanitari o nell'offrire servizi inadeguati alle necessità delle persone.




Conclusione:

E' necessario ed urgente creare percorsi di introduzione al lavoro, mediante l'aiuto di mediatori culturali, magari Rom,
ed è ancora più necessario investire sull'istruzione e l'integrazione dei bambini, ad esempio con borse di studio, tutor e facendo capire alle famiglie che l'istruzione è essenziale per sopravvivere, sia perché l'istruzione da diritto alla cittadinanza, sia perché attraverso questa il popolo Rom può essere in grado di salvare la propria cultura e tradizione, essendo contemporaneamente in grado di contaminarla con la nostra.

L'Italia sta diventando un paese multietnico, questo è un dato evidente, eppure il popolo Rom resta per noi un eterno 'straniero' da cui guardarsi.

Dobbiamo essere in grado di riconoscere questo popolo, con tutte le sue caratteristiche, al pari di un altro qualsiasi popolo mondiale, rompendo la pratica del razzismo ma anche dell'assistenzialismo (pratica che allo stesso modo non riconosce l'altro come uguale), le iniziative che possiamo intraprendere sono:

- Il riconoscimento di questo popolo attraverso il riconoscimento della lingua Romanes;
- Il riconoscimento del diritto al nomadismo (nel caso di alcuni piccoli gruppi ancora nomadi PER NECESSITA' O SOPRAVVIVENZA);
- Un censimento dei Rom in Italia con successiva regolarizzazione dei loro documenti;
- Riconoscimento della cittadinanza italiana ai bambini nati in Italia che così potranno accedere senza problemi al mondo del lavoro;
- La richiesta da parte del Governo Italiano del Fondo Sociale Europeo per avviare serie politiche di inclusione abitativa, lavorativa e scolastica delle persone Rom.



Serena Raggi

giovedì 29 novembre 2012

REPORT SCAMBIO GIOVANILE 'COLOURBLIND CARAVAN'-ROMANIA-ANNO DOMINI 2012


Estate 2012, agosto, sulle intenzioni del progetto, finanziato dall'UE, distintamente leggiamo ''riflessioni sulla inclusione del popolo Rom'' e io ora vi racconto tutto, per filo e per segno, dall'inizio alla fine.


Tramite l'associazione presso la quale faccio volontariato e tramite un amico dell'Istituto di Cultura Sinta di Mantova, ho avuto notizia di questo scambio europeo, in Romania, per 10 giorni di attività e confronti sulla cultura del popolo Rom e relativi '' ''problemi di inclusione'' '', loro hanno pensato subito a me e io ho pensato subito di candidarmi...dopo qualche settimana, ebbene si, presa!

Molti parenti e amici e molti da poco conoscenti ricorderanno il mio infinito entusiasmo e la fierezza dell''essere stata presa, infatti non vedevo l'ora di partire, poi mano mano le cose si sono svelate.

Appena arrivata a Bucarest un pò mi sono persa in aeroporto, ma con grande disinvoltura (come al solito) mi sono tolta dai guai e l'accoglienza è stata BELLISSIMA:
mi aspettava Maria, una ragazza che al progetto non è stata presa per stupidi motivi burocratici (illogici, e poi lei davvero sarebbe stata indispensabile).
Non l''avevo mai vista prima Maria, ma si è offerta di ospitarmi a Bucarest poichè i voli e l'inizio del progetto non corrispondevano e mai pranzi sono stati più luculliani di quei due giorni con Maria e famiglia, le papille gustative tessevano le lodi della cucina romena (adoooorooo.....) e mi sentivo un pò in imbarazzo da tante gentilezze ricevevo!
...è stato bellissimo, anche oltre il cibo, Maria, giuro :)

Il giorno dopo recuperiamo un altro scapestrato del progetto, Luca da Roma, e possiamo partire alla volta di Targu-Jiu (dopo 2 ore di ritardo e figure pessime con tutti gli altri partecipanti che ci aspettavano sul pullman, ma presto se ne sarebbero scordati)...

Perchè Targu-Jiu? vi spiego: in questa RIDENTE cittadina romena del distretto di Gorj, c'è una percentuale molto molto elevata di popolazione Rom.
''Ottimo'' ho pensato io, ''se facciamo 5 ore di pullman traballante per spostarci da Bucarest a Targu, vuole dire che il motivo è validissimo e saremo SEMPRE IN CONTATTO CON LA POPOLAZIONE ROM LOCALE!'' ...niente di più sbagliato. Deduzione errata.

All'arrivo ci sistemamiamo in questo hotel abbastanza pulcioso, con le blatte nelle docce e per pranzo e cena SOLO e continuamente pollo e patate....ci dividono in gruppetti per le stanze e io mi ritrovo in camera con le due boss, ovvero la ragazza romena che ha scritto il progetto e il suo braccio destro... (capirete poi che questa collocazione mi ha portato qualche problema)...

Le prime giornate sono servite soprattutto a conoscerci tra di noi, eravamo una trentina di persone, tra italiani, turchi e romeni.
Molto ''apprezzati'' gli energizer (va beh) all'inizio di ogni attività e le prove di fiducia verso il gruppo, poi prove di elasticità della mente per ricordarsi nomi come Egeman, Ece, Ebru, Yilknur, Fuat, ecc... ;)


E poi bene, si comincia:

sul programma inviatoci per mail era molto chiara la griglia delle attività. Questi scambi europei per i giorvani (sono fino ai 25 anni) sono caratterizzati dalla ''educazione non formale'', ovvero un' educazione diversa da quella dei banchi di scuola, si impara attraverso attività sia fisiche che mentali, si impara 'giocando', insomma ci siamo capiti.

L'andazzo generale è stato da subito molto evidente: a parte qualche attività interessante (come la ricerca sulla storia dei Rom ad esempio)....poco altro.

Alla fine dei 10 giorni di scambio, NON AVEVAMO AVUTO ALCUN CONTATTO CON NESSUNA PERSONA ROM.
Ho passato i dieci giorni ad arrabbiarmi continuamente e a ribattere ogni cosa che si faceva, rodendomi il fegato, spesso VERGOGNANDOMI di ciò che là dentro si diceva e guadagnando giorno per giorno l'astio degli organizzatori che, PALESEMENTE, erano impreparati.

Più volte ho chiesto e chiesto e ancora chiesto di parlare con un rappresentante della comunità Rom, di andare a chiedere loro di discutere con noi (dato che in città era PIENO!!) ma niente, la risposta era ''non abbiamo avuto i mezzi e non abbiamo abbastanza soldi per questo'' e allora potevo stare a casa, allora poi spiegami da dove li crei i soldi per mantenere TRENTA persone colazione pranzo cena in un albergo........ ?! I soldi si può decidere come investirli.....


Dovete sapere che nella griglia cartacea (o su web) delle attività, questo fantomatico incontro col rappresentate della comuità Rom di Targu appariva....la cosa stranamente non si è fatta, sapete perchè? perchè : stavamo facendo UN GIOCO DI RUOLO.
Avete letto bene,
un gioco di ruolo.


Siamo stati praticamente sempre tra quelle maledette quattro mura della sala conferenze dell'hotel, a parte una bella gita sui Carpazi e un paio di pomeriggi d'aria al parco....e queste persone poco limpide dell'organizzazione hanno avuto sempre voglia di tenerci lontani dai contatti reali...io davvero non so spiegarmelo...siamo stati un pomeriggio intero a discutere se chiamare un Rom ''ZINGARO'' (gypsy, perchè parlavamo in inglese) fosse o meno offensivo, e alla fine si erano create due fazioni....ma la cosa si è conclusa? NO....semplicemente perchè andare a chiedere ad un Rom che passava di lì la sua opinione non si poteva fare, apparentemente.....ma vi sembra?! Discorsi inconcludenti, la solita storia di fare i conti senza l'oste, ovvero FARE UN PROGETTO SUI ROM SENZA I ROM.
...è geniale.

A tal proposito: vi assicuro io che chiamare un Rom ZINGARO (o Gypsy o Tzigan, o le varie trasformazioni di questa parola nelle varie lingue) è offensivo.
E non solo, è proprio errato! è come se io che mi chiamo Serena venissi chiamata Genoveffa...cioè...NO...io mi chiamo Serena e lo so bene!
E poi è proprio dispregiativo....

Tirando le somme, se io non fossi come sono e non andassi ad impezzare la gente, io di Rom non ne avrei visti neanche in cartolina...
...ma visto che il mio spirito pioniere mi guida, di contatti con una ragazza Rom e dei signori in piazza e dei commercianti Rom ne ho avuti, ma solamente perchè io sono fatta così....non di certo perchè lo scambio europeo mi abbia dato la possibilità di farlo.
E' talmente semplice, Dio mio! parlare con le persone....io ci parlavo mezzo romeno mezzo italiano e a gesti e un saluto in romanes....voglio vedere se non ci capiamo!

(Tra perentesi il momento più magnifico è stato l'acquisto della GONNA TRADIZIONALE KALDERASH da una coppia di artigiani/commercianti Rom....!!!e la cosa è stata possibile solo sgattaiolando via da una attività pomeridiana!)

Tornando a noi, un altro esempio: giornata dedicata ad ''ARTS & KRAFTS'' Rom. Ovvero ARTI E LAVORI TRADIZIONALI DEI ROM.
Descrizione attività: la lettura della mano.


.....................................................''la lettura della mano???FORTUNE TELLER???''''

Ma vi rendete conto??! organizzi un progetto per distruggere i pregiudizi sui Rom e poi mi fai un laboratorio SULLA LETTURA DELLA MANO? Scusa?!
Così continueremo a credere che sono solo ladri e fattucchieri e oltretutto pretendi di insegnarci qualcosa PERCHE'?,,,,'''perchè UNA VOLTA una signora mi ha letto la mano'''''............e se anche fosse? tu pensi di avere qualcosa da insegnare perchè una volta nel paleolitico ti è successo questo?e pensi che la signora sia così stolta da svelarti tutti i segreti del mestiere così che poi tu possa illuminare noi....?!

Dopo la lettura della mano (attività preceduta oltretutto DALLA LETTURA DEI FONDI DI CAFFE', non so se capite la mia indignazione...) siamo stati deliziati da un'altra perla di saggezza : ARTIGIANATO ROM, che per loro è questo: fare collanine con perline di legno colorate.

................................................................

E davvero a quel punto non sapevo più se ridere o piangere. Alla fine di questa carrellata di beceri stereotipi, sono andata, dritta come un fuso e con un'ira paragonabile a quella di Achille, dalla ''capa'' e in pratica le ho detto ''ma sei fuori di testa?''....le risposte hanno iniziato ad essere molto pacate quando hanno capito di avere a che fare con una che di esperienza REALE ne ha a iosa, e mi ha concesso di fare la mia presentazione dei mestieri tradizionali Rom, che sono:
il commercio del bestiame(cavalli in particolare), la lavorazione dei metalli (ad esempio si chiamano Kaldarash ovvero CALDERAI quelli che tradizionalmente fabbricano pentole e attrezzi in rame), fabbricanti di mattoni, giostrai, musicisti, eccetera.

Nei giorni seguenti ho sempre avuto l'opportunità di parlare e non me la sono mai lasciata scappare....era evidente, non dico di essere superiore a qualcuno, MA SENZA OMBRA DI DUBBIO era superiore 10mila volte la mia esperienza alla loro...e lasciava tutto terribilmente a desiderare.

Non vi ho ancora raccontato l''apice della vergogna: dopo ripetute richieste (mie e di tanti altri) per andare almeno a fare un giro nel quartiere Rom di Targu, ci hanno accontentati.
Sì, ma alla maniera loro che ora vi illustro:

suddivisi in due pullman bianchi, abbiamo girato tra le strade del quartiere come se fossimo allo ZOO. Senza poter scendere perchè i capi dicevano ''guardate quello, guardate quell'altro MA MI RACCOMANDO RESTATE SUL PULLMAN'' e andavamo a passo d'uomo con le famiglie che abitavano lì che ci guardavano come a dire ''ma questi stronzi cosa vogliono?''..........
mai. ripeto. MAI. Mai nella mia vita ho provato tanta vergogna, tanta rabbia, tanta profonda disgustosa ingiustizia che mi nasceva dentro.
Cosa avrebbe potuto succederci se fossimo scesi da quel pullman? Ve lo dico io : NIENTE.
NIENTE DI ALIENO, NIENTE DI FUORI DALLA NORMA, NIENTE DI NIENTE. ....perchè siccome stiamo parlando di persone, basta essere GENTILI come faresti con chiunque e il problema NON SUSSISTE. Ma queste menti brillanti che ci hanno portato a fare il giro dello zoo, chissà cosa si aspettavano.
La discussione è stata infinita (inutile e inopportuno nascondere la mia rabbia), infine ho scoperto una cosa allucinante: NESSUNO DEGLI ORGANIZZATORI DEL PROGETTO CONOSCE PERSONALMENTE ANCHE UNA SINGOLA PERSONA ROM. ..............ora è tutto più chiaro, non vi pare?

Molto comodo imbastire un progetto basato su due nozioni in croce banalissime (e spesso SBAGLIATE) che posso leggere in biblioteca in mezza giornata.
....per me è allucinante....io scommetto che se fosse stato uno scambio sulla cultura cinese o tedesca non ci sarebbe stato ALCUN problema a farci entrare in contatto con cinesi o tedeschi....allucinante. E intanto i ''boss'' ora hanno una riga in più nel curriculum che farà loro molto comodo....
....e intanto questa ''decade dell''inclusione del popolo rom'' sta per concludersi e la UE ha sborsato chissà quanti euro per...niente.

Alla fine del progetto molti ragazzi sono venuti a dirmi che se hanno imparato qualcosa lo hanno imparato da me. E sono cose che, certo, mi fanno avere stima di me,però.......mi fanno amareggiare da morire. .....perchè io invece ho imparato solo l'ipocrisia.
Perchè se la boss mi viene a dire ''ma scusa, io non sono contro gli omosessuali, però amici gay non ne ho''' e io le rispondo ''si però non vai a fare un progetto EUROPEO sull''omosessualità allora'' e lei continua a non capire......allora è tremendo davvero. Allora stiamo parlando di niente.


Beh,
le note positive ovviamente sono le persone che ho conosciuto, i turchi troppo simpatici, i siciliani, Chiara,Giada, Maria, Ece.... ma per il resto...


Infine, concludendo, mi abbasso allo stesso livello degli organizzatori e quindi cito X-Factor e vi dico: ''Colourblind.Caravan? uhm.....per me: E' NO.'' !



p.s. :mi dovete ancora rimborsare i soldi del viaggio, fetusi.............a distanza di quasi 4 mesi!!!

Calorosi baci e abbracci,





,Syre,

.Serena Raggi.

lunedì 26 novembre 2012

AL-ANDALUS *viaggio in bulerìas


L'Andalusia è soprattutto un Cielo, infinito, mutevole, grandissimo.

I colori dei luoghi sono forti, netti, instancabili e si può ritrovare il significato vero delle parole Rosso, Giallo e Azzurro.
Tutto è netto e deciso, così come la popolazione gitana che si incontra ad ogni angolo di Siviglia, Cordoba e Granada, le città che ho avuto la fortuna di visitare.
Siviglia per me è stata la più sorprendente. Tra i monumenti bellissimi e nelle vie palpitanti di vita si respira  la forte consapevolezza della cultura Andalusa, una fierezza - tipica degli spagnoli, per un'Arte sconvolgente, che si vive con lo stomaco, che suscita sensazioni forti e trasmette la gioia, l'Amore, la morte e la sofferenza dell'animo andaluso: il flamenco.

Occorre scoprire el duende (1), la forza che passa dall'artista al pubblico e dal pubblico all'artista. Si può essere un tutt'uno con el tocar di chitarra flamenca dei musicisti, si può far battere il proprio cuore al ritmo dei battiti delle mani, si può ascoltare la storia di un Amore perduto perdendoci a nostra volta nei passi di danza delle flamenquitas...

Il popolo gitano ha dato un enorme contributo all’evoluzione di questa danza, musica e canto (il Flamenco le comprende  tutte tre), era (ed è ancora) un'arte liberatoria, in cui ogni sensazione o problema della propria vita viene tirato fuori con forza;  è un lungo lamento, certe volte straziante per le orecchie non abituate, oppure è una serenata per l'amata, un grido di guerra. Ecco, andando in Andalusia,  era proprio questo che volevo avere e l'ho trovato.

Seguendo i consigli di una guida, ho portato la mia truppa in un locale assai conosciuto, nel centro della città, la Carbonería. Una ex carboneria, appunto, adibita a locale notturno.
Se si arriva verso le 22 (orario in cui gli spagnoli cenano), si assiste ad un pietoso spettacolo di finto flamenco (roba per turisti, pessimo), ma se non si perdono le speranze e si resta lì ancora un po’...ancora un po’...ecco che avviene il miracolo!
Via le orde di italiani, tedeschi e giapponesi, ed ecco una nuova atmosfera...creata dai sivigliani.

Il locale diventa luogo di improvvisazioni del flamenco; è stata la prima notte a Siviglia che ho avuto l'onore di conoscere Carlos Heredia, un gitano andaluso maestro di chitarra flamenca che ti osserva e sorride mentre suona e la Musica che ne viene fuori è indescrivibile a parole. E proprio a lui ho chiesto per la prima volta qual era la situazione dei gitani in Spagna, o quantomeno in quella regione. Carlos mi ha detto che di discriminazione non ce n'è molta e mi ha guardato stupito quando gli ho raccontato che in Italia i gitani vengono frequentemente cacciati dai loro insediamenti.

Le informazioni però sono stati discordanti: vicino alla Cattedrale di Siviglia una donnona gitana, dopo avermi predetto la buena suerte (e spillato ben 7 euro perchè sono molto superstiziosa....attenti!),  mi ha raccontato che per loro non c'è lavoro, così molti chiedono l'elemosina (e sono mendicanti che, se improvvisassero un passo di flamenco, potrebbero essere ballerini cento volte migliori di quelli che si vedono nei locali).  Oppure, addirittura, in un bar vicino a Plaza AlfaAlfa, una signora, un po’ ubriaca, mi ha negato l'esistenza dei gitani in Spagna....

Per approfondire l'argomento, una volta arrivata a Granada,  sono stata al Centro Sociocultural Gitano Andaluso (nella ricorrenza del 20° anniversario d'apertura) per poter chiedere a chiunque volesse darmi informazioni...e così, insistendo, cercando, sono stata ricevuta dalla Presidentessa del Centro. Un onore, peccato che in realtà ci fossi solo io ad essere interessata.... Una bella donna dalla carnagione scura e i capelli color pannocchia, e tanti anelli bene in mostra che si è illuminata quando le ho detto cosa cercavo e mi ha travolta da un fiume di parole andaluse, spiegandomi che in realtà la situazione, paragonandola a quella dell'Italia, non è troppo diversa: la discriminazione esiste, il bambino fatica ad andare a scuola e a trovare lavoro, sebbene ci sia un grande rispetto per l'Arte gitana.
Mi ha dato un paio di opuscoli preziosi che il Centro distribuisce nelle scuole elementari e medie della città: si tratta di un fumetto (oltretutto disegnato benissimo) che racconta tutta la Storia del Popolo Gitano. In breve, i punti fondamentali sono:

Si parte dalle migrazioni dell' VIII e IX secolo dal Punjab (India del Nord) fino all'arrivo in Europa. Qui convivevano più o meno pacificamente diverse culture e religioni e il popolo gitano venne bene accolto. Ma perchè cambiarono le cose poi?

Nel fumetto una grande Croce disegnata è del tutto esplicativa: dal 1492 i Re Cattolici, per unificare i territori conquistati, cercarono di unificarli anche con la Religione e la Lingua, il Cristianesimo e il Castigliano. Così, come agli ebrei e ai musulmani, anche al popolo gitano venne proibito di parlare la propria lingua (il Calò, Kalé), di praticare riti e indossare gli abiti della propria cultura; venne impedita la pratica del nomadismo, cercando insomma di negare, camuffandola, quella specifica identità.
L'impegno del gitano di conservare la propria Romanipé (identità) veniva punito con torture, soprusi, galera ed espulsione dal Paese.

E fu così fino al 1783. Durante il regno di Carlos III si dettarono per la prima volta leggi contro la discriminazione delle persone, anche se ai gitani si continuò a proibire di parlare la propria lingua ed indossare i propri costumi.

Con l’avvento della dittatura franchista, nel XX secolo, si ripresentò una situazione fortemente negativa per il popolo gitano: gli fu proibito parlare il Calò o Romanés che venne etichettata come la lingua dei delinquenti; si vietarono nuovamente il nomadismo e la vita errante, considerati reati, e si raccomandò alla Guardia Civil un controllo particolare sulla comunità gitana, a cui venne applicata la legge di “Peligrosidad Social”.

Più recenti e vergognosi e dolorosi gli anni del nazismo, in cui furono sterminati nei campi di concentramento (assieme a Ebrei, omosessuali e 'impuri') oltre 500 mila gitani.

Con l’avvento della democrazia spagnola tutto è cambiato. L'Articolo 14 della Costituzione Spagnola dice:

''Los españoles son iguales ante la ley, sin que pueda prevalecer discriminación alguna por razón de nacimiento, raza, sexo, religión, opinión o cualquier otra condición o circunstancia personal o social''. E vero, ripeto: “Siamo tutti uguali davanti alla legge, senza discriminazione di razza, sesso, religione, o qualsiasi altra ragione.

Nello Statuto Autonomo dell'Andalusia, l'articolo 9 garantisce il rispetto verso le minoranze etniche, tenendo come obiettivi di base la piena integrazione di queste ultime e in particolare quella gitana.

Dopo tutte queste persecuzioni ci si chiede che cosa sia rimasto della Cultura di un popolo tanto travagliato.  I valori sono trasmessi di padre in figlio, di madre in figlia. La famiglia è il punto centrale nella vita del gitano, una colonna portante, un costante punto di riferimento. La donna è fondamentale per la trasmissione ai figli dei valori e dei costumi. Gli anziani sono altamente rispettati, in quanto detentori di 'Storia'. Da loro si accetta ogni consiglio per superare le difficoltà della vita.
Si venera la Libertà, si vive nel Presente e non si da tanta importanza alle cose materiali.
Sono fondamentali la solidarietà, l'ospitalità e l'aiuto verso chi lo necessita, all'interno del nucleo familiare o nella comunità.

Purtroppo la lingua è quella che si è persa di più, a causa delle persecuzioni prima descritte. I gitani spagnoli oramai non parlano più il romanés, sono rimaste in uso corrente soltanto alcune parole, che anche gli spagnoli gagè (i non gitani) conoscono ed usano con frequenza.


La Musica, il Canto e il Baile Flamenco rimangono il punto più forte e consolidato e amato della cultura gitana.

A tal proposito, se vi capiterà di andare a Granada, il flamenco è possibile gustarlo nel quartiere gitano di Sacromonte. Di gitani ne ho visti ben pochi; la maggior parte vivevano nelle cuevas - case costruite scavando  nella roccia - ma un recente terremoto ne ha fatto franare la maggior parte e le famiglie gitane residenti sono state spostate nel centro della città, per cui al fascino meraviglioso delle case bianche, i fiori enormi, e le fontanelle piastrellate, aspettatevi anche il cattivo gusto di una miriade di turisti che parlottano a voce alta e fotografano, senza prima “osservare”, ogni angolo che gli capita sotto tiro!
In ogni caso, le Cuevas Los Tarantos sembrano le migliori, anche se abbastanza turistiche, ma sapere che ci ha ballato Carmen Amaya a me basta come scusa per tornare a Granada!

E quando vi verranno i brividi escuchando un canto flamenco, ricordate che è grazie al popolo gitano, al popolo Rom, che potete goderne.
Lo stesso popolo che vi legge la mano per le vie di Cordoba, lo stesso popolo che in Italia chiede l'elemosina all'uscita dei supermercati, lo stesso popolo che non riceve rispetto, eppure ha tanta Bellezza da offrire.

Concludendo questo racconto sul mio viaje andaluso, mi piace ricordare ancora una volta la felicità della Presidentessa del centro culturale, nel sentirmi, con il mio accento strambo, chiedere tutte le informazioni possibili sulla situazione del suo popolo. Andando via, dopo una lunga chiacchierata, mi ha salutata dicendomi ''¡Hasta luego, preciosa!''....perchè ogni scambio culturale è una Meraviglia, e ogni parola detta è, vero, molto Preziosa.


¡ Hasta luego!



(1) TEORIA E SIGNIFICATO DEL DUENDE
Estratto da una conferenza di Federico Garcia Lorca

... In tutta I’Andalusia, dalla rocca di Jaen alla chiocciola di Cadice, la gente parla sempre del duende e lo scopre d’istinto. Lo splendido cantante "El Lebrijano", creatore della "Debla", era solito dire: – "Quando canto con duende nessuno può competere con me". La vecchia ballerina gitana "La Malena", esclamo un giorno, udendo Brailowsky interpretare un frammento di Bach: – "Ole! Qui c’e duende!" mentre si annoiava con Gluck, Brahms e Darius Milhaud, Manuel Torre disse questa splendida frase: "Tutti i suoni oscuri hanno duende". E una gran verità. Questi suoni oscuri sono il mistero, le radici che si impiantano nel fango che tutti conosciamo ed ignoriamo allo stesso tempo, da cui nasce pero la sostanza dell’arte... ... Dunque il duende e un dono, non una costruzione; una lotta, non un pensiero. Ho udito dire un vecchio maestro di chitarra: – "II duende non sta in gola, viene dal profondo, comincia a salire dalla pianta dei piedi". Vale a dire che non e questione di abilità, ma di stile vivo, di sangue, di antichissima cultura e di creazione del momento... ... II duende di cui parlo, oscuro e tremolante, discende da quell’allegrissimo demonio di Socrate, fatto di marmo e sale, che lo graffio sdegnato il giorno in cui prese la cicuta e dall’altro demonietto malinconico di Cartesio, della dimensione di un mandorlina verde, che, sazio di circoli e linee, spunto dai canali per udire il canto dei marinai ubriachi. Qualsiasi uomo, qualsiasi artista, ogni gradino che sale alla torre della sua perfezione, è frutto della lotta che ha sostenuto con un duende, non con un angelo, come si e detto, ne con la sua musa... ... L’angelo guida e fa doni come San Raffaele, difende dai pericoli come San Michele e protegge come San Gabriele. L’angelo splende, ma vola sopra la testa dell’uomo, sta in cima, emana la sua grazia, e I’uomo, senza alcun sforzo, realizza la sua opera, il suo fare simpatico o la sua danza... ... La musa detta, e qualche volta, suggerisce. II suo potere è limitato perché e lontana e molto stanca... ... La musa risveglia I’intelligenza, crea paesaggi di pietra e falso sapore di alloro... ... Angelo e musa vengono dal di fuori, I’angelo porta luce e la musa da forma... ... Mentre il duende bisogna scovarlo nel più profondo del proprio sangue: scacciando I’angelo e facendo sgambetto alla musa, scrollando via la paura alla fragranza di violette, che emana la poesia del XVIII secolo, e al gran telescopio nelle cui lenti dorme la musa, malata di limiti. La vera lottaè col duende... Per trovare il duende non servono schemi nè esercizi. Si sa solo che brucia il sangue come un liquido di vetro, che consuma, che scaccia tutta la dolce geometria appresa, che rompe gli schemi, che fa si che Goya, maestro nei grigi e negli argenti e nei rosa della migliore pittura inglese, dipinga a ginocchiate e pugni con orribili neri pece... ... I grandi artisti del sud della Spagna, gitani o "flamencos", che cantino, ballino o suonino, sanno che non vi  è emozione senza duende... ... L’arrivo del duende implica sempre un radicale cambiamento di tutte le forme basate su vecchi schemi, da sensazioni di freschezza assolutamente inedita, come una varietà di rosa appena creata, come un miracolo, che suscita un entusiasmo quasi religioso. In tutta la musica araba, nel ballo, nelle canzoni ed elegie, I’arrivo del duende e salutato con energici "Ala, Ala!" "Dios, Dios!" cosi vicini agli "Olè!" dei toreri, che forse son la stessa cosa; in tutti i canti del sud della Spagna la venuta del duende e seguita da sincere grida di "Viva Dios!", profonde, umane, tenere grida di comunicazione con Dio attraverso i cinque sensi, grazie al duende che muove la voce ed il corpo della ballerina... ... Tutte le arti son capaci di duende, ma e più naturale trovarlo nella musica, nella danza e nella poesia declamata, che hanno bisogno di un corpo che interpreti, son forme che nascono e muoiono perpetuamente e muovono i loro contorni su un presente preciso... ... II duende non giunge se non vi e possibilità di morte, se non sa che può girarvi intorno, se non ha la certezza di cullare le sofferenze che tutti portiamo e che non hanno, ne avranno, consolazione. Con le idee, con i suoni o con i gesti, il duende assapora una lotta leale con il creatore. L’angelo e la musa fuggono col violino ed il tempo, il duende ferisce; nella guarigione della sua ferita, che non si rimargina, risiede I’insolito, I’invenzione dell’opera di un uomo. La virtù magica dell’arte consiste nell’essere sempre "enduendada", per poter battezzare con acqua oscura coloro che assistono; perché col duende e più facile amare, capire, aver la certezza di essere amati e compresi. Questa lotta per esprimere e comunicare I’espressione, acquisisce a volte, nella poesia, caratteri mortali... ... In Spagna (come nei paesi orientali, dove la danza e espressione religiosa), il duende ha un potere illimitato sui corpi delle ballerine di Cadice, elogiate da Marziale, e sui petti dei cantanti, elogiati da Giovenale e in tutta la liturgia dei tori, dove si svolge un autentico dramma religioso come nella messa, dove si adora e si sacrifica a un Dio... ... Non ci si diverte nelle danze spagnole o nelle corride, e il duende che si incarica di far soffrire un dramma a forme viventi e prepara una via d’evasione dalla realtà c circostante. II duende agisce sul corpo della ballerina come il vento sulla sabbia. Converte, con magico potere, una ragazza in paralitica estasi della luna; fa venire rossori adolescenziali ad un vecchio stanco che chiede I’elemosina per un bicchiere di vino; evoca, in una capigliatura, odore di porto notturno ed in ogni momento agisce sulle braccia con movimenti che sono fonte della danza di tutti i tempi... ... La Spagna e I’unico paese dove la morte e spettacolo nazionale, dove la morte suona lunghi clarini all’arrivo delle primavere e la sua arte e sempre sorretta da un duende acuto, che la differenzia e le da una sua qualità d’invenzione... ... II duende... Dov’e il duende? Da un arco vuoto spira un’aria mentale che soffia con insistenza sulle teste dei morti, in cerca di nuovi paesaggi e accenti stranieri; un’aria con odore di saliva di bimbo, di erba calpestata, di trasparenza di medusa, che annuncia il perpetuo battesimo delle cose appena create.


.Serena Raggi. 

ROMANIA TIGANEASCA




Partendo per la Romania, ho avuto la sensazione di imbarcarmi in un'avventura assurda, fuori dal tempo, quell'avventura che sognavo da parecchio.
I metodi poco limpidi per arrivarci di certo non mi tranquillizzavano, quelli che la mia famiglia Rom chiamava 'pullman per la Romania' altro non sono che furgoncini guidati da  soggetti di dubbia fama che passano la loro vita a fare avanti - indietro tra Bologna e Craiova...una scenetta da prime pagine dei giornali sul tema dell'immigrazione. Ma partiamo dall'inizio.

Ho conosciuto la mia famiglia Rom mesi fa, ad una festa nel parco dietro casa, abito alle periferie di Bologna, ci sono posti molto carini che purtroppo, essendo fuorimano, non vengono sfruttati, solamente una volta all’anno un festival di quartiere anima i parchi e i luoghi pubblici: ho frequentato un corso di cucina Romena e l’insegnante era Irina, la madre delle mie future amiche. Alla festa serale ho conosciuto e ballato con Rebecca, Cirasela e Adelina e da quella sera ci siamo viste quasi tutti i giorni, per mesi.
Le emozioni, le feste, le chiacchiere, le nuove amicizie sono state tante, ma ad un certo punto sono arrivati  momenti brutti, pasticci burocratici, e la famiglia ha fatto le valigie per tornare in Romania, in un piccolo paese vicino Craiova, Barca. E io sono andata con loro.

Di prima mattina, dopo avere dormito per terra abbracciata alle mie amiche (Irina, la mamma,  avendo paura di fare tardi per la partenza della mattina seguente, aveva buttato via tutti - TUTTI - i letti della casa la sera prima!), ci siamo rinforzate con la tipica  'colazione alla zingara': una scorpacciata di pollo, pane e maionese, per iniziare bene la giornata! Poi contrattazioni varie con l’autista e ,finalmente, si parte!

Venti ore di viaggio, mille e ottocento km, con musica pop Romena a tutto volume, balli e canti improvvisati, gente che mangia e che continuamente si stupisce vedendomi e dice: 'Ma tu sei Italiana? Cosa vai a fare in Romania? Cosa ci fai in mezzo a questi brutti zingari, non hai paura?' !
E alla fine, tra pic nic improvvisati nelle aiuole degli autogrill e dormite: Italia, Slovenia, Ungheria....Romania! Arrivati!

La prima cosa della Romania sono stati tre bambini. Piccoli, sporchissimi, che si aggrappavano ai vestiti chiedendo soldi, con le cicatrici in faccia.
Poi una visita a Cerata, paese abitato solo da famiglie Rom, un giro di saluti e abbracci, tra gente che già conoscevo e facce nuove, che avevano deciso di volermi bene.

L'aspetto più bello della Romania sono state senza dubbio le persone.
Io a loro lo dicevo sempre, camminando nel paesino tutti mi guardavano come fossi un'aliena, si domandavano come fosse possibile che un'Italiana fosse in quel paesello sperduto, povero, di Rom che raccolgono il ferro, di contadini....la felicità più grande era vedere lo stupore sulle loro facce e poi dei grandi sorrisi.
Vedermi lì con loro, a passare le giornate come le passano loro, in un posto dove non c'è nulla, al di fuori di ignoranti pregiudizi, per loro era davvero una gioia, e lo dicevano senza vergogna.
Ciò che io amo di questo popolo è soprattutto la sincerità: un popolo che per i ‘gagi’, i non-Rom,  dovrebbe vergognarsi di tutto e invece non si vergogna di niente.
Le emozioni sono forti, palesi, e si comunicano senza troppi giri di parole.
A tal proposito, non credo di essere stata toccata tanto in vita mia come in quella settimana in Romania! Quanti abbracci, che gioia! Quante strette di mano, quante mani che mi prendevano su ad ogni ora del giorno e della sera per andare a ballare un pò nel cortile o in camera, vicino alla stufetta.

Mani gentili che accarezzano, mani più rudi che strattonano per avere la tua attenzione, mani unte che cucinano, impastano, mani ruvide che buttano rami secchi nella stufa.
Un costante compagno di questo viaggio è stato il freddo. La nevicata che c'è stata qui in Italia, durante lo scorso febbraio, che è arrivata ad un metro di altezza, è partita dai Balcani: la stessa neve fina fina, l'ho riconosciuta!
Una mattina ci siamo svegliati ed era tutto bianco e la neve non smetteva mai di cadere.
Immaginate la stessa nevicata dell'Italia, le stesse stalattiti di ghiaccio che pendono dai muri ma...niente riscaldamento! Senza acqua calda!
Si, perchè lì c'era la luce...e basta.
L'acqua si va a prendere al pozzo che è in fondo alla stradina e l'acqua si scalda poi sulla stufa a legna..la legna si prende nella stalla dei maiali...il maiale si uccide, altrimenti da mangiare non c'è nulla....e si fa la festa per la morte del maiale!

Una grande festa, una serata fantastica, dopo ore passate a preparare salsicce, zuppe di carne, e tutto quello che si può preparare con un maiale (del maiale non si butta via niente!), hanno iniziato a spuntare parenti e amici da ogni dove, zie, cugini, ed ognuno aveva una bottiglia sottobraccio, vi lascio immaginare!
Dalla strada principale si sentiva la potenza delle casse dello stereo di Ursari, il fratello più grande, che metteva su le grandi hit di musica pop Rom e tutti ballavamo come matti, tutti alticci!

Da bravi contadini alla mattina mi svegliavano con un bicchiere di vino caldo zuccherato!
Le giornate erano così, molto semplici, sempre affollate di persone.
Quello che soprattutto si fa, durante la giornata, sono chiacchiere, discorsi e ragionamenti infiniti, non sempre basati su cose reali. Spesso mi è capitato di parlare con ragazzi e ragazze Rom che palesemente si stavano inventando quello di cui parlavano...ma era bello così, per loro credo che in fondo, vero o non vero, sia uguale...
I tempi sono quelli del sole si potrebbe dire, ci si sveglia prestissimo alla mattina, si pulisce la casa, si fa da mangiare, si badano i fratelli più piccoli, si fanno dei giri in paese, si balla ed alla sera eravamo a letto a dormire già alle sette, otto...sfinite!
Io dormivo con le mie due amiche in un lettone matrimoniale, dormivamo tutte le notti abbracciate strettissime per via del freddo...non ho mai dormito così bene in vita mia.

La condivisione di tutto, anche del sonno.
Non c'è cibo buono che puoi gustarti da solo, non perchè gli altri sarebbero invidiosi, ma perchè è più bello anche per te condividere le cose.
Una stecca di cioccolato comprata all'alimentari andava spartita per sei, sette persone. Per qualsiasi cosa è così. Ed è un valore meraviglioso che noi non abbiamo più... Si condividono gli spazi, la privacy non esiste, perché poi dovrebbe esserci? Io facevo pipì guardando in faccia le mie amiche che nel frattempo continuavano a parlarmi come se nulla fosse!
Di qualunque cosa non bisogna avere vergogna, in fondo siamo tutti fatti uguali, o no?

Per quanto riguarda le dinamiche familiari, il ruolo della donna è fondamentale, ed è per questo motivo che Irina, che avrebbe voluto tornare in Italia per lavorare, invece è rimasta in Romanià. La famiglia non sa andare avanti senza di lei: mi ricordo un giorno in particolare, in cui Irina era stata a Craiova per andare a trovare il fratello in carcere...e beh, sono visite che richiedono un po’ di tempo e oltretutto al ritorno ci ha raccontato che le si era pure ingolfata l'auto...per cui, è stata via dalla mattina presto alla sera.
Al suo ritorno Sorin, il marito, era arrabbiatissimo, erano tutti affamati perché non sapevano da che parte cominciare per prepararsi una cena....un delirio! Irina mi ha guardata, sconsolata, e mi ha detto: 'vedi, Syre?' (il mio nome è stato trasformato prima in Seina poi in Syre) 'come faccio a tornare in Italia quando qui, a casa, con un marito e quattro figli, nessuno sa prepararsi da mangiare?'

Il giorno del mio compleanno ero là, in Romania. E' stato buffo perchè tutti sembravano sentirsi in colpa del fatto che non potevano offrirmi grandi regali o grandi feste.
In realtà, io ero la più felice del mondo.
Eravamo là, alla sera, nella stanza di irina e Sorin, a mangiare pezzi di maiale arrosto e pane fatto in casa, guardando un reality Romeno dai toni kitsch, con Ursari che raccontava storielle per farsi grosso e continuava a darmi baci per fare ingelosire sua moglie, ogni volta urla da ogni dove e scenette comiche, che buffa coppia!
Ursari e Cirasela: lui ha 18 anni, lei 15 ed è già incinta, di tre o quattro mesi, non ricordo bene.
Quando si sono sposati, un paio di anni fa, si erano visti soltanto una volta e per pochi minuti.
E' stato un matrimonio organizzato dalle due famiglie degli sposi.
Il video della festa lo avrò visto dieci volte! Ogni settimana quando andavo a casa loro qui a Bologna, Irina metteva su il video e si commuoveva ogni volta e ogni volta mi ri-raccontava la storia del loro matrimonio!
Ursari è un bel ragazzo e lo sa bene, per in giro fa il galletto per poi tornare a casa a raccontare le sue conquiste alla moglie, che infatti è sempre imbronciata! Una piccola moglie in miniatura col pancione e le labbra 'da mucca', come dice Ursari, sempre lusinghiero...



Sorin e Irina, i genitori,  sono invece una coppia bellissima, anche se la loro storia è iniziata in maniera drammatica.
I matrimoni tra i Rom possono farsi in diversi modi:  matrimoni combinati, in cui quindi sono le famiglie ad accordarsi, oppure tramite la 'fuitina', molto diffusa anche in Italia anni fa a dire il vero, cioè una fuga d'amore tra due ragazzi che decidono di scappare insieme e al loro ritorno sono già una coppia.
Oppure, il modo più 'cruento'(per la donna): il 'rapimento'.
La donna viene proprio 'rapita' dall'uomo che la desidera e portata via....a quel punto la donna può essere d'accordo e offrirsi al futuro marito di sua spontanea volontà, oppure può chiamare i carabinieri farsi riportare a casa senza che avvengano grossi scompigli nella comunità. Per Irina però non è stato così: Sorin l’ha rapita mentre era al mercato, portata via e violentata contro la sua volontà. Ci sono state lotte, in seguito, tra le famiglie, alla fine Irina ha deciso di andare a vivere con Sorin per evitare ripercussioni spiacevoli sulla sua famiglia, e per una questione ancora più misteriosa di dignità.
Irina me l'ha raccontata tante volte questa storia, tranquillamente. Ed è sempre bella la parte finale in cui mi dice che ora è tutto diverso, ora lei è proprio innamorata di Sorin!
Le piace di più anche fisicamente, perchè all'inizio era magro e ora invece è decisamente grasso (lei dice 'bello sano'), e tutte le mattine si danno il bacino del buongiorno!
Mi vengono le lacrime agli occhi scrivendo di queste piccole cose. Queste confidenze, questi gesti piccoli ma significativi, questa infinita semplicità....

Invece Rebecca, la mia amica (che ha appena compiuto 16 anni, ma come tutte le ragazze Rom sembra molto più grande), ha fatto la fuga d'amore ed era 'sposata' (senza cerimonia) con un ragazzo, Vali, poverissimo e che a quanto pare ha venduto i suoi orecchini d'oro per soldi, oltre a trattarla male. Per cui ora è come se avessero 'divorziato' e la mia amica, da brava ragazza Rom, non aspetta altro che un nuovo marito per fare una grande festa di 3 giorni, come da tradizioni!
Insomma, sono stati dei giorni molto belli e intensi in Romania e io mi sento una privilegiata ad essere riuscita ad entrare in questo mondo che mi è così caro.
Di sforzi ce ne sono voluti, e tanti.
Si tratta comunque di un incontro tra culture diverse...ma non è impossibile, credetemi.
Una volta all'interno, si può scoprire un'umanità incredibile.
E' un invito a non lasciarsi abbindolare da stupidi stereotipi, un invito a guardarli come persone, e non come guardereste il vostro cane. E' un invito ad essere aperti alla diversità, all'altro, alle altre culture. Perchè c'è del Bello ovunque, e sarebbe una così grossa perdita non coglierlo.

Infine, arriva sempre il momento di tornare a casa, il viaggio del ritorno:
è stato molto dubbio, fin dall'inizio, con la neve che c'era, non si era nemmeno sicuri di partire...e poi, al ritorno ero da sola.
Ero un po’ in ansia inizialmente, per via di questi autisti (alla fine si sono rivelati assolutamente corretti e disponibili)...insomma, non si sa mai. Sono 20 ore di viaggio, non poche, in balìa di questa gente che potrebbe portarti dove vuole, voglio dire, se mi trovo nei guai in Ungheria, chi mi viene a recuperare?
Questo era un consiglio di viaggio: prendete le Euro Linee di trasporti per la Romania! Costose ma facili e sicure!

Le parti più divertenti sono state quelle alle dogane: si danno i documenti e poi il poliziotto apre la macchina e chiama a gran voce tutti i nomi guardandoti in faccia.
Ecco, faceva parecchio ridere perchè ogni volta c'era grande stupore nel vedere tutte queste facce lunghe e brutte da ‘zingari’ coi denti d'oro...e in mezzo io, felicissima che saluto dicendo 'qui, sono io!' !

Al ritorno il viaggio è stato più bello che all'andata, siamo partiti di giorno e con la luce ho potuto vedere un pò di paesini dall'interno, mentre l'auto girava per le stradine prelevando i passeggeri dalle loro case. Ho visto una parte di Timisoara, delle chiese bellissime coperte di neve, mi ricordo tutti i bambini in strada che salutavano il nostro furgoncino quando passava, poi distese di neve con cani lupo che correvano...sono posti tutti da scoprire.

Durante quelle 20 ore ho avuto modo di parlare un po’ con tutti...
In particolare con una madre (giovanissima, ha la mia età) che ad un certo punto ha tirato fuori dalla borsetta la fotografia dei suoi tre figli e con tranquillità mi ha detto:
'Vedi il più grande? lui ha i capelli biondi biondi biondi...non sembra un brutto Zingaro...forse lui avrà fortuna nella vita.''





.Serena Raggi